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Pandoro


Il Natale si festeggia in tutto il mondo: in ogni paese, tutti i popoli, cristiani e non cristiani, nel mese di dicembre celebrano feste di pace, di fratellanza, di gioia e di prosperità, ciascuno secondo la propria cultura e le proprie tradizioni. E questo succede fin dai tempi più antichi. In concomitanza con il solstizio d'inverno un lungo periodo di festeggiamenti onorava il "rinascere" del sole: le giornate cominciavano ad allungarsi, segnando il lento percorso verso la primavera, con l'augurio e la speranza di raccolti copiosi e di cibo per tutti. Così gli antichi Egizi festeggiavano la nascita del dio Horus, i Greci quella del dio Dioniso, gli Scandinavi quella del dio Frey. I Romani celebravano Saturno, dio dell'agricoltura, con grandi feste in cui amici e parenti si scambiavano doni. I Cristiani sostituirono i riti pagani con la festa della nascita di Gesù, figlio di Dio, portatore di pace e di salvezza per tutta l'umanità, mantenendo delle antiche tradizioni lo spirito di gioia e di speranza che la luce divina porta in ogni cuore. Per questo in tutto il mondo Natale è augurio di bontà, serenità e felicità da condividere con "tutti gli uomini di buona volontà". E come ogni anno a Natale, per chi come me ama impastare, preparare e dedicarsi appieno alle tradizioni dolciarie di queste feste, non posso perdermi l’occasione di preparare i grandi lievitati. Dopo i panettoni, classici e al cioccolato è arrivato anche il momento per il pandoro, un risultato favoloso, meno direi dal punto di vista fotografico, ma d'altronde ho iniziato da poco a cimentarmi anche con la passione del food photography, ma appena lo rifaccio sicuramente sostituirò le foto( le foto brutte o fatte male non le sopporto, purtroppo dopo tanto lavoro, le devo tenere). Ovviamente vi anticipo che c’è un gran lavoro, armatevi di pazienza e ci riuscirete, non è un impresa impossibile, ma impegnativa. Per facilitarvi il lavoro vi riporto un introduzione dettagliata e anche dei consigli personali di esperienza nel settore della panificazione con la pasta madre, magari vi possono essere utili.

Ps. Tutto quello che riguarda la preparazione dei grandi lievitati, va letto e riletto 10,100,1000 volte…stampatevi la ricetta , il procedimento e tenetelo a portata di mano, dovete tenere tutto sotto controllo!!!


IL LIEVITO MADRE


Il lievito naturale o lievito madre è la base indispensabile per la produzione del pane e di molti dolci tradizionali, quali panettone, pandoro e colomba, specialità che si caratterizzano per uno specifico aroma apportato da composti che derivano da fermentazione secondarie, tipiche del lievito naturale. Prima di approfondire il tema della formazione, conservazione e utilizzo del lievito madre, è necessario un rapido accenno generale al ruolo dei lieviti e al processo di lievitazione. Un excursus sintetico, ben consci che ci sono volumi tecnici ad hoc, cui rimandiamo i lettori desiderosi di approfondire nei dettagli il tema.


I Lieviti e la Lievitazione


I lieviti sono un gruppo di funghi che si riproducono per gemmazione, un processo di riproduzione cellulare che si realizza in presenza di aria e in condizioni di appropriata alimentazione. I lieviti trasformano gli zuccheri innescando il processo di fermentazione influenzato da diversi fattori, quali la temperatura di fermentazione, che condiziona l’attività microbica e l’acidità dell’impasto, gli zuccheri disponibili e la presenza di sostanze quali sale o grassi che tuttavia, se presenti in dose eccessive possono inibire il processo. Il saccharomyces cerevisiae è il lievito più comunemente utilizzato nei prodotti da forno. È un lievito unicellulare che metabolizza diversi carboidrati e da luogo a fermentazione alcolica. Durante il processo di fermentazione trasforma infatti il glucosio ed il fruttosio producendo gas (anidride carbonica) e, in misura minore, alcool (etanolo). Gli zuccheri sono l’elemento nutritivo del lievito, compongono 1/5 del peso della farina e sono del tipo mono e disaccaridi. Gli enzimi presenti nelle farine o nel malto diastatico scindono i grani dell’amido della farina che vengono cosi trasformati in zuccheri maltosi, a loro volta trasformati in glucosio grazie alla maltasi un enzima del lievito. I lieviti agiscono inoltre sullo zucchero aggiunto, come nel caso del saccarosio, ma in modalità diversa. Bisogna infatti considerare che il lievito si nutre di zuccheri, la cui molecola è sufficientemente piccola da essere assimilata dalla cellula lievito. I monosaccaridi (fruttosio destrosio), la cui molecola è sottile, vengono assimilati direttamente grazie all’azione di alcuni enzimi esterni al lievito, mentre i disaccaridi ( saccarosio ) non sono direttamente assimilabili a causa della loro membrana spessa e sono quindi prima scomposti in fruttosio e glucosio( processo di idrolisi), grazie ad un enzima conosciuto con il nome di INVERTASI. Un eccessiva dose di zuccheri aggiunti può tuttavia rallentare, se non inibire, la fermentazione poiché, come il sale, il saccarosio aumenta la pressione osmotica dell’impasto. Se si vuole aumentare la quantità degli zuccheri aggiunti, è buona regola diminuire la quantità del sale( 2 gr di sale contro 80-100 gr di zucchero). Lo zucchero infine agisce nell’impasto come un liquido, ammorbidisce la pasta che perde cosi consistenza. Durante la fermentazione , oltre alla formazione di alcool ed anidride carbonica, è di fondamentale importanza lo sviluppo di altre sostanze acide, che si formano grazie all’azione dei batteri lattici e acetiti. Tali sostanze biochimiche svolgono un ruolo primario per lo sviluppo delle sostanze aromatiche e nutritive dei prodotti in cui il lievito e utilizzato. Dalla loro fermentazione ha inoltre origine la glicerina, una sostanza che ha un effetto emulsionante, crio-protettore ed antimuffa. Negli impasti tradizionali non è tuttavia sempre facile identificare i microrganismi fermentativi. Gli studi effettuati a tal proposito non sono numerosi e sono concentrati soprattutto sulla preparazione di prodotti lievitati come il panettone. Nello specifico e in relazione a quest’ultimo, la sua pasta risulta composta da un lievito noto come Saccharomyces, agente responsabile della lievitazione, e un batterio lattico, agente esclusivo dell’acidificazione. Dopo l’aggiunta della farina e dell’acqua, si riscontra la presenza di coliformi, anche se in misura ridotta, rispetto ai lieviti e ai lattici. Il pH risulta inferiore a 4 prima che si aggiungano l’acqua e la farina, poi sale a 5 per ritornare a 4 durante la lievitazione. Anche nel caso del lievito naturale, rimane il principale elemento fermentativo.


Formazione, conservazione e utilizzo del lievito madre.

La formazione del lievito madre può essere cosi schematizzata:

1° variante: 200 gr di farina

100 di frutta(elemento fermentativo essenziale da frullare e setacciare, principalmente uva e mele)

100 gr di acqua minerale gasata (contiene anidride carbonica che facilita la fermentazione)


2° variante 200 gr di farina di segale( molto ricca da un punto di vista enzimatico e quindi idonea per iniziare un lievito naturale)

120 gr di acqua minerale gasata

Nel proseguo delle operazioni di rinfresco seguire le stesso procedimento, salvo che il primo rinfresco andrà fatto dopo 24 ore anche se non ha raddoppiato. Si prosegue con i rinfreschi quotidiani ogni 24 ore, fino ala giusta maturazione.


3° variante 200 gr di farina

250 gr di yogurt magro 0,1% mg

Procedere come riportato sotto.

Impastare omogeneamente e lasciare lievitare l’impasto, coperto da pellicola alimentare, che impedisce la formazione della crosta, per circa 48 ore a 28°C.

Quando l’impasto ha raggiunto 1 volta e mezzo il volume iniziale, reimpastare con la stessa quantità di lievito e farina, e il 44% di acqua( una quantità superiore favorirebbe un eccessivo sviluppo di acidità acetica, dannosa se non nella giusta proporzione con quella lattica). Continuare con i rinfreschi quotidiani fino a quando il lievito non raggiunge la giusta maturazione (raggiungere una volta e mezzo il volume iniziale in circa 4 ore a 28°C).

L’acqua per impastare il lievito non deve superare i 24°C. una temperatura superiore provoca lo sviluppo di parassiti e inibisce la riproduzione del lievito. Rinfrescare almeno tre volte il lievito, che si usa nel primo impasto del panettone, dopo l’operazione di lavaggio e purificazione. La purificazione o lavaggio del lievito madre ha lo scopo di pulirlo da sostanze troppo acide, sviluppatesi per rinfreschi errati o per un cattivo uso del lievito stesso. Deve avvenire ponendo il lievito tagliato a fette sottili in acqua a 20°C, a cui si aggiunge 1 gr di zucchero per litro. Lo zucchero fornisce ossigeno al lievito, favorendo lo sviluppo di anidride carbonica. Il lievito deve rimanere in acqua per almeno 15 minuti per permettere che le sostanze grasse, la resina amara e la sostanza idrocarbonata, simile alla gomma, si depositino. Il bagno d’acqua non deve superare i 20 minuti per impedire che i globuli del lievito e l’amido solubile si sciolgano. Questa operazione, per quanto importante, non va comunque usata in maniera indiscriminata, infatti un eccessivo uso del bagnetto indebolisce eccessivamente il lievito. Vi consiglio, in periodi di forte utilizzo come la campagna dei panettoni, di farlo ogni 10 giorni. Spremere il lievito prima di toglierlo dall’acqua, per favorire l’eliminazione dell’impurità. La prima operazione di rafforzamento del lievito o di rinfresco avviene quando si toglie il lievito dall’acqua zuccherata e lo si impasta con una volta e mezza di farina e, nel calcolo dell’acqua, bisogna considerare quella rimasta dentro l’impasto bagnato. E’ buona norma pesarlo prima di rinfrescarlo, mentre per le successive operazioni lo si impasta con un decimo in più del suo peso. Il lievito e a giusta maturazione quando il primo impasto impiega 10-12 ore per giungere a perfetta maturazione. Mentre la temperatura della cella di lievitazione non deve superare i 28°C durante la lievitazione del secondo impasto. Una volta utilizzato nell’impasto il lievito va conservato in attesa del successivo uso(previo rinfresco). Rinfrescare il lievito madre con farina in quantità differenti a seconda del metodo e 44% di acqua. Lavorare il lievito naturale fino a quando l’impasto e omogeneo e asciutto. Il riposo notturno permette al lievito di purificarsi da sostanze patogene dannose, attraverso un controllo dell’acidità. La temperatura , la durata del riposo e il metodo di conservazione determinano il risultato finale. Tre sono i metodi utilizzati:


1° metodo Avvolgere il lievito in un telo asciutto e legarlo con corda per evitare che fuoriesca e di conseguenza si ossigeni, facendo si che la mancanza di ossigeno aiuti al controllo dell’acidificazione. Conservarlo per 18 ore a 18/20°C(questo è il rapporto tempo-temperatura del ciclo notturno con un rapporto lievito farina1 a 2,5 ossia per ogni 100 gr di lievito 250 gr di farina)

2° metodo mettere l’impasto in un recipiente d’acqua ( 20°C) e lasciarlo a temperatura ambiente per 20/24 ore massimo. In questa maniera l’acidità viene controllata attraverso la dispersione in acqua.(qui il rapporto lievito-farina è di 1 a 1, ossia 100 gr di lievito madre con 100 gr di farina)


3° metodo impastare con un rapporto farina-lievito di 1 a 2 (ossia una parte di lievito, due di farina) e conservare a 18/20°C per 12 ore dentro un recipiente libero, senza legami o acqua.


Se si desidera conservare il lievito per periodi più lunghi(4-5 giorni), riporlo in frigorifero a 6/7°C, per rallentare l’attività fermentativa, e a parte il metodo in acqua, aumentare le dosi di farina di tre o quattro volte.


Consigli per il rinfresco


Utilizzate sempre attrezzi e basi d’appoggio puliti per evitare di contaminazione di agenti esterni. Usare farine forti ed elastiche con una buona percentuale di proteine 00 w 360/380 p/l 0,65 pe run totale di proteine pari al 14,5/15%. Lasciare fermentare l’impasto a 26/28°C, finchè non avrà raggiunto una volta e mezza il suo volume. Ripetere le operazioni di rinfresco, finchè il lievito non arriva a fare quanto detto sopra, nel tempo medio di 3 massimo 4 ore. Quando l’impasto è maturo, risulterà di colore bianco e con un sapore acido dolciastro.


Inoltre vi riporto dei consigli, per rinnovare il lievito madre conservato per più giorni.


1° Usate la parte centrale del lievito

2° Rinfrescare il lievito secondo la procedure descritta sopra

3° Utilizzate una parte di lievito per le successive lavorazioni di lievito madre, mentre la parte rimanente può servire per gli impasti.

4° Conservate il lievito secondo le modalità descritta sopra.


Mentre per conservare il lievito madre per un periodo superiore ad una settimana, vi consiglio di:


1° mettete la stessa quantità di lievito madre e farina in planetaria per ottenere una polvere omogenea.

2° stendete la polvere su un piano fino a farla asciugare

3° mettete la polvere in un sacchetto e conservatela in frigorifero a 6°-7°C(se questo è per brevi periodi) in congelazione in caso di lunghi periodi.

4° Mescolate la polvere con acqua ed effettuare i rinfreschi fino ad ottenere un lievito maturo. Con il metodo in acqua e per periodi più lunghi di una settimana, si può mettere il recipiente contenete acqua e lievito appena affiorato in congelazione. Nel momento in cui si vuole rigenerare il lievito, togliere un giorno prima dal congelatore e passare in frigorifero, quindi cominciare i rinfreschi giornalieri di rinforzo.


Ovviamente prima di cominciare la preparazione del pandoro, dovete assicurarvi di avere una pasta madre in forza(cioè dovete programmare i rinfreschi, in base alla data che avete deciso di impastare, almeno 10 giorni prima, meglio anche 2 settimane, dovete rinfrescare tutti i giorni)


Ingredienti

Vi riporto prima una tabella di marcia, che è anche la mia per il giorno del primo impasto



Ore 7:30

Bagnetto della pasta madre( il procedimento lo trovate nella descrizione sopra)

Ore 8:00

1° rinfresco con proporzione della pasta madre di 1+1+44/45 gr di acqua oligominerale, cioè 100 gr di madre+100 gr di farina+44/45 gr di acqua

(L’acqua denominata oligominerale ha una quantità minima di sali minerali, da questo il suo nome (oligos in greco significa poco). Questo tipo di acqua viene consigliato nelle diete, poiché può essere bevuta in quantità elevate, senza accrescere il numero di sali minerali introdotti nell’organismo.)

Ore 12:00

2° rinfresco con proporzione di 2+1+1, cioè, 200 gr di farina+100 gr di madre+80 gr di acqua

Ore 16:00

3°rinfresco con proporzione di 1+1+44/45 gr di acqua, cioè 100 gr di madre+100 gr di farina+44/45 di acqua

Dopo ogni rinfresco dovete attendere la maturazione della madre prima di procedere con il successivo rinfresco in un luogo con una temperatura di 28°C(va bene anche il forno con la lucina accesa)

Ore 20:00

1°impasto


Ingredienti 1° impasto

Dose per un pandoro da 1 kg


200 gr di farina 00 w 360 (io ho usato la farina Panettone Z del Molino Dalla Giovanna)

88 gr di zucchero

50 gr di acqua 1°dose

30 gr di acqua 2° dose ( solo se l’impasto ne richiede, io ne ho usata un 8/10 cucchiaini piccoli)

125 gr di tuorli

100 gr di pasta madre

100 gr di burro



Procedimento 1° impasto

Mettete nella planetaria i tuorli leggermente sbattuti e la pasta madre spezzettata, e fate sciogliere, aggiungete un paio di cucchiai di farina(setacciata) e fate incordare l’impasto, pian piano aggiungete la restante farina, intanto mettete la prima dose di zucchero nell’acqua prevista nella ricetta e fatela sciogliere e versatela lentamente, man mano che l’impasto la richiede, stando sempre attenti a tenere l’incordatura dell’impasto stesso. Quando finite di aggiungere l’emulsione di acqua e zucchero e siete sicuri che l’assorbita tutta , incominciate ad aggiungere il burro in piccole dosi, e mai il successivo se il primo non è stato assorbito, ribadisco è fondamentale tenere in corda l’impasto, ne va del risultato finale. Quando finite con il burro, dovete aggiungere qualche cucchiaino della seconda dose di acqua, molto ma molto lentamente. Se non la prende tutta non la mettete. L’intera operazione dovrà durare circa 25 minuti. Togliete l’impasto dalla planetaria, mettetelo sul tavolo da lavoro, dategli qualche giro di pieghe e mettetelo in contenitore lungo e stretto , e lasciatelo lievitare coperto da pellicola alimentare a 26°C per 10-12 ore deve triplicare il suo volume…vi consiglio di segnarvi con un pennarello il punto di partenza cosi potete controllare le varie fasi di crescita.( praticamente tutta la notte, l’orario di lievitazione se avete fatto tutto bene, dovrebbe corrispondere, a quello di inizio del primo impasto, cioè alle 8:00 di mattino).

PS: non abbiate fretta di iniziare il secondo impasto, se dopo le canoniche 12 ore di lievitazione , non ha triplicato il suo volume, lasciatelo ancora per tutto il tempo che serve, meglio lasciarlo lievitare bene e non anticipare al lievitazione, vi si allungherebbe la lievitazione successiva!


Ingredienti 2°impasto

Tutto il primo impasto

100 gr di farina 00 w 360

50 gr di crema pasticcera

emulsione


Ingredienti per l’emulsione


85 gr di burro

15 gr di burro di cacao (lo trovate nei negozi del biologico)

25 gr di tuorli

20 gr di miele d’acacia

20 gr di zucchero

6 gr di sale

1 bacca di vaniglia(solo la polpa)


Procedimento per la crema pasticcera classica

Ingredienti

400 gr di latte fresco intero

100 gr di crema di latte (panna fresca)

5 tuorli

100 gr di zucchero

1 bacca di vaniglia

50 gr di farine di cui 25 gr di amido di mais+ 25 gr di farina 00


Il procedimento è semplice, mettete in un tegame il latte e la panna,a parte montate i tuorli con lo zucchero e poi aggiungete le farine setacciate e la polpa della bacca di vaniglia. Versate questo composto sul latte caldo che avete precedentemente acceso il fornello e aspettate che affiorino i primi bollori, rimestate velocemente finchè la crema non si addensa e lasciatela bollire un minuto. Versatela in una boule fredda( io la metto nel congelatore cosi ottimizzo i tempi di raffreddamento)

Copritela con pellicola alimentare a contato e mettetela in frigo per una notte intera. Il giorno dopo pesatevi quella che serve cioè i 50 gr previsti dalla ricetta e l’altra mangiatevela a cucchiaiate o preparate una bella crostata ….


Procedimento 2°impasto


Prendete l’impasto ormai triplicato, sgonfiatelo con le mani oppure con l’aiuto di un tarocco , lasciatelo nel suo contenitore stesso e mettetelo in frigo per 30 minuti, coperto sempre con pellicola deve scendere la temperatura iniziale. Nel frattempo preparatevi l’emulsione cosi ottimizzate i tempi, senza perder tempo. Sciogliete a bagno maria o al microonde il burro e il burro di cacao separatamente, perché hanno punti di fumo diversi, prima uno e poi l’altro. Lasciateli intiepidire e aggiungete il resto degli ingredienti previsti dalla ricetta, dovete ottenere una cremina. Mettete da parte. Riprendete il primo impasto dal frigo ,mettetelo in planetaria e aggiungete la farina setacciata e i 50 gr di crema pasticcera. Incominciate a impastare facendo incordare bene l’impasto, questa operazione deve durare una diecina di minuti, un quarto d’ora massimo. Solo adesso potete incominciare a inserire l’emulsione un cucchiaino per volta , stando sempre attenti all’incordatura, mai il successivo, se il precedente non è stato assorbito. Dovreste terminare l’operazione in un quarto d’ora, insomma nel totale dovrebbe durare 30-35 minuti, dipende se avete fatto tutto bene. Togliete l’impasto dalla planetaria, mettetelo sul piano di lavoro e fate la prima pirlatura, poi copritelo a campana con una ciotola e lasciatelo riposare un ora. Trascorso il tempo procedete con la seconda pirlatura e mettetelo nello stampo da pandoro precedentemente imburrato. Copritelo con pellicola alimentare e mettetelo a lievitare a 28°C fino a che l’impasto non arriva al bordo o poco giù, dovrebbe impiegare dalle 6-8 ore. Quando ha raggiunto un cm dal bordo, accendete il forno inizialmente a 170°C, nel frattempo tirate fuori il pandoro, scopritelo dalla pellicola e lasciatelo scoperto circa 30 minuti, si deve asciugare un po’. Nel frattempo il forno ha raggiunto la temperatura, infornate nella griglia più bassa perché in cottura sviluppa molto e rischereste che tocchi le resistenze superiori del forno, e dopo 10 minuti abbassate la temperatura a 160°C per un totale di cottura di circa 55 minuti. Appena cotto, tiratelo fuori dal forno e lasciatelo raffreddare per un paio d’ore nel suo stesso stampo. Trascorso il tempo capovolgetelo e lasciatelo raffreddare ancora per 10 ore. Successivamente o decidete di mangiarlo subito, e Natale quando arriva arriva, oppure spruzzate con dell’alcool alimentare una busta di quelle adatte a questo tipo di confezioni, chiudetelo e lo potete tenere 60 giorni….sempre se resisterete alla tentazione! A voi l’ardua scelta! Buona preparazione! E chi l’ha detto che il pandoro si fa solo a Natale?

come prima...più di prima

Rosaria

baciuzzy





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