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Mostaccioli leccesi

La storia e ricordi di quando ero una bambina:

i “mustazzuèli ‘nnasprati“ noti pure come bisquetti, pisquetti, mustazzòli ‘nnasparati, scagliòzzi, scàiezzuli, castagnette, zzozzi… costituiscono il dolce più popolare del Salento (e io ne so qualcosa, sin da tenera età ricordo tavoloni pieni, che non si sapeva dove conservarli). Tanto che i suoi banchi di vendita sono praticamente immancabili in qualunque festa o fiera paesana che possa definirsi tale.

Amatissimi nella loro semplicità, sono a base di farina e rivestiti di “naspro” ovvero di glassa di zucchero fondente al cacao. Il termine “naspro”, è una voce tipicamente meridionale, derivata dal bizantino aspros=bianco, venne riportata per la prima volta negli scritti di Vincenzo Corrado che ne descrisse ben undici varianti. Nell’impasto di farina 00, rientrano: lo zucchero, lo strutto, gli agenti lievitanti ma anche scorze e succo d’agrumi, mandorle tostate, chiodi di garofano macinati, cacao in polvere, naturalmente ogni artigiano, ogni forno caratterizza la sua produzione con degli ingredienti più o meno segreti.

Si ricava un impasto piuttosto consistente, con il quale si ricavano delle forme schiacciate generalmente, romboidali o circolari, che si pongono su teglie e si cuociono in forno. Una volta raffreddati si ricoprono con una glassa di zucchero fondente e cacao detta in gergo, “naspro”. Si presentano di colore marrone scuro e lucidi, alla degustazione risultano dolci, ma non stucchevoli, friabili, morbidi e se ben riusciti, hanno la caratteristica di sciogliersi in bocca.

La loro preparazione è certamente ultrasecolare, e da molto tempo vengono anche venduti in forma ambulante in tutte le fiere e feste paesane del Salento, ad opera di artigiani girovaghi, veri e propri pasticceri di piazza che si tramandano questo mestiere da padre in figlio. Il primo a portarli sulle piazze è stato prima della seconda guerra mondiale Luigi Sorgente, un’infanzia difficile alle spalle, figlio di genitori ignoti, ma che armato di buona volontà non mise molto tempo a tirarsi su, giovanissimo si fece una famiglia e aprì un piccolo caffè gelateria a San Cesareo di Lecce e visto che i figli erano tanti e i clienti non erano molti pensò bene di andarseli a cercare. Comprò un’automobile (a quel tempo a San Cesario ve ne era solo un’altra), l’attrezzò come gelateria mobile e cominciò la sua avventura sulle feste e fiere paesane, ma la miseria era tanta, ogni scusa era buona per risparmiare, e il gelato, quando cominciava a fare un po’ di freddo forniva ai genitori una scusa ineccepibile: non ve lo compro senò vi ammalate! Fu così che Luigi, cui non andava giù l’idea di tenere il mezzo fermo durante la bassa stagione, venne l’ingegnosa idea di portare sulle piazze i mustazzueli ‘nnasprati, fu un grande successo. Questi, grazie anche al basso peso specifico risultavano relativamente economici e non fornivano seri appigli ai genitori dal "braccino corto" che erano costretti loro malgrado a soccombere alle insistenze dei pargoli. Ma erano gli anni bui dell’era fascista, la guerra incombeva, quell’auto serviva alla patria, e gli venne senza troppe formalità requisita. Il fatto di avere una famiglia di sei figli e che quell’auto servisse al loro sostentamento non fece tornare sui loro passi i solerti e inflessibili delegati del Duce. Un’ingiustizia da fare scoppiare il cuore al più forte degli uomini e aggravata dal fatto che l’altra auto del paese era rimasta invece in possesso del suo ricco proprietario. Sconsolato Luigi pensò che la causa di quello che gli era successo era un po’ dovuta all’invidia verso di lui, che partito da zero, stava riuscendo ad aprirsi comunque una strada senza chiedere niente a nessuno. Il colpo era stato duro, un’esperienza tanto brutta da bloccare l’intraprendenza di chiunque, ma non a lui che, temprato da una dura vita, non era certo tipo da arrendersi e poi c’erano i sei figli. Si fece allestire un triciclo a pedali e riprese subito a lavorare. Tutti i paesi della provincia, e non solo, cominciarono ad essere conquistati da un prodotto che presto divenne una tradizione delle feste. Naturalmente, questi dolci sono immancabili anche in tutte le pasticcerie e biscottifici che producono dolci tradizionali. La ricetta che segue, come vedrete semplice negli ingredienti, ma piuttosto elaborata nella preparazione, proviene da una maestra pasticciera di Galatone che ha operato per molti anni a Nardò, formando una folta schiera di bravi pasticceri.


Ingredienti 1kg. di farina 00 debole

4 uova

1 bacca di vaniglia

400 g di zucchero

20 g di amminiaca 100 g d’olio extravergine d’oliva

latte quanto basta

50 g di cacao

chiodi di garofano e cannella macinati [if !supportLineBreakNewLine] [endif]

le scorze e il succo di un limone e di un mandarino

Ingredienti per la glassa con cacao (scileppu)

750 gr. di zucchero a velo

200 gr. Di cacao in polvere 250 gr. Di acqua [if !supportLineBreakNewLine] [endif]

Per la glassa bianca 750 grammi di zucchero a velo

Acqua qb 2 albumi montati a neve ferma

Succo di limone

Procedimento

Fate fumare l’olio, calate le scorze del limone e del mandarino e lasciatelo raffreddare. Nel frattempo prendete la farina setacciatela e disponetela a fontana, mettete in mezzo il succo di limone e di mandarino e le scorze grattugiate, quindi qualche pizzico di chiodi di garofano e cannella macinati, il cacao e mescolate il tutto. Unite pure l’olio aromatizzato in precedenza e raffreddato e amalgamate. Aggiungete infine le uova già mescolate all’ammoniaca, sciolta nel latte caldo aromatizzato con la vaniglia, e lo zucchero. Impastate e lavorate bene il tutto aggiungendo ancora latte qualora l’impasto dovesse risultare duro. Stendete la sfoglia portandola allo spessore di 1 cm circa e ricavate delle forme romboidali oppure fate un filoncino di pasta e tagliateli a pezzetti cosi come ho fatto io. Disponeteli nella teglia con carta forno e infornate a 180° per 15/20 minuti, teneteli sotto controllo perché cuociono subito. Una volta cotti, lasciateli raffreddare.

Preparate la glassa, mettete sul fuoco a fiamma bassissima, lo zucchero a velo, con il cacao in polvere e aggiungete in più riprese 250 gr. d’acqua, sarà pronto quando, addensandosi, comincia a filare (ci vorranno un paio d’ore).

A questo punto immergete i mostaccioli pochi per volta nella glassa, rigirateli delicatamente; quindi sgocciolateli e poneteli ad asciugare su carta oleata, aspettate che si asciughino e poi li potete staccare e conservare nelle scatole di latta. Per la glassa bianca versate in una casseruola lo zucchero a velo, bagnatelo con un po’ d’acqua e ponetelo sul fuoco, mescolando sino a quando inizia a formare bollicine. Unite 2 albumi montati a neve ferma, aggiungete un po’ di succo di limone e mescolate per bene. Procedete alla glassatura come gli altri al cioccolato.Serviteli, regalateli abbinando quelli bianchi e quelli scuri insieme, l’effetto di colore diventa una scusa GOLOSA!!!! Provateli e buona preparazione.


come prima.....più di prima

Rosaria

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